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Superbonus, svalutazione del 15% per i crediti maturati. Controlli antifrode, metà del gettito ai Comuni

Il nuovo spalmacrediti potrebbe scaricare costi su chi detiene gli sconti

Una svalutazione del 15% per i crediti di imposta già maturati negli anni scorsi. È questo il possibile effetto di un’applicazione retroattiva per l’obbligo di spalmare su dieci anni i crediti fiscali collegati al superbonus. Anche se il perimetro di questa nuova stretta sarà chiarito solo nelle prossime ore, sui tavoli dei tecnici che stanno seguendo questa delicata vicenda il peso finanziario potenziale della novità è già evidente da tempo. Si spiegano così le proteste che già da giorni arrivano al ministero dell’Economia.

L’allungamento su dieci anni avrebbe l’effetto di scaricare costi su chi detiene i crediti, alleggerendo i conti dello Stato. Questi costi extra hanno già una quantificazione di massima. Attualmente, infatti, sul mercato un credito di imposta con recupero in quattro anni vale, grossomodo, l’85% del suo corrispettivo nominale. Una parte del valore si perde per strada, perché è necessario attendere qualche anno per ottenere materialmente la monetizzazione del credito.

Se questo tempo si allunga, di conseguenza, cala il valore del credito. Con un recupero in dieci rate, si scende al 70% del corrispettivo nominale. Tra le due alternative, quindi, lo stesso credito vale il 15% in meno. Ed è proprio questa cifra che banche e imprese, ma in generale tutti i soggetti detentori di crediti di imposta, rischiano di perdere all’improvviso con il nuovo spalmacrediti obbligatorio. Anche se il Governo non ha ancora deciso come muoversi, è però certo che la posta in gioco è altissima.

Insieme alla partita dello spalmacrediti, nelle prossime ore (l’emendamento dell’esecutivo è atteso domani, mentre il decreto andrà in Aula mercoledì) prenderanno forma diversi altri interventi correttivi. A partire da quello che coinvolgerà i Comuni nei controlli sul superbonus e altre agevolazioni fiscali. Dopo la proposta presentata dal presidente della commissione Finanze del Senato, Massimo Garavaglia (Lega), sul tema arriverà un emendamento firmato dall’esecutivo.

Introdurrà, come proposto anche dal relatore del decreto 39/2024 Giorgio Salvitti (Fdi), il potenziamento dell’attività di vigilanza e controllo delle amministrazioni locali su questi lavori. Questo apporto dei sindaci sarà incentivato con una quota di compartecipazione sulle somme riscosse del 50%: alla fine, quindi, il Governo ha scelto una percentuale piuttosto elevata (all’inizio si era parlato anche del 30%), per stimolare il decollo di un meccanismo che non parte con i migliori auspici. Anche alla luce delle fallimentari esperienze recenti di compartecipazione dei Comuni in caso di segnalazioni qualificate per la lotta all’evasione.

Sempre sul fronte degli abusi, parlando di crediti di imposta, è anche allo studio una norma mirata a sanzionare quelle situazioni in cui la cessione del credito di imposta abbia configurato operazioni di tipo «usurario».

L’altro pilastro del pacchetto di modifiche in arrivo riguarderà, poi, le deroghe. Sul punto Giorgetti ieri ha detto chiaramente di non volere più eccezioni ad ampio raggio. Qualche riapertura mirata, però, dovrebbe arrivare. Anzitutto, sul terzo settore. L’esecutivo presenterà un emendamento per costituire un fondo con una specifica dotazione, finalizzato a riconoscere agli enti del terzo settore un contributo diretto per sostenere la riqualificazione energetica e strutturale su immobili di loro proprietà. Un meccanismo, sulla carta, simile a quello già utilizzato per il fondo indigenti.

Meno spazi, invece, sulla riapertura dell’elenco delle regioni, colpite da terremoti, nelle quali è possibile ancora usare la cessione. Attualmente, la possibilità è limitata a Lazio, Abruzzo, Umbria e Marche. Molti parlamentari vorrebbero allungare l’elenco. Per farlo, però, secondo il Mef serviranno coperture specifiche, difficili da reperire.

 

(Fonte:ilsole24ore.com)

 

 

 

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