La “tagliola” alle comunicazioni di cessione del credito o sconto in fattura relativi ai bonus edilizi, arrivata con il Dl 39/2024, impedisce anche il recupero e il re-invio delle opzioni trasmesse entro il termine del 4 aprile ma scartate dal sistema. Il problema nasce dal fatto che nella ricevuta di scarto che consegue alla sospensione non è spiegato il motivo che ha portato l’agenzia delle Entrate a rifiutare la comunicazione, rendendo così impossibile al contribuente – anzi, più spesso all’intermediario – rimediare con un nuovo invio corretto.
Chiarimenti e profili di rischio
La questione era già irrisolvibile anche prima che intervenisse l’articolo 2 del Dl 39/2024. Ma il venir meno della remissione in bonis (articolo 2 del Dl 16/2012) e della comunicazione sostitutiva oltre la data di scadenza sembra aver definitivamente chiuso la porta a una soluzione al problema in via amministrativa. Certo, la ricevuta di scarto contiene l’invito a rivolgersi alla direzione provinciale competente per territorio «per maggiori chiarimenti», ma l’esperienza di casi concreti dimostra che le direzioni provinciali non dispongono di alcuna informazione aggiuntiva e la richiesta si rivela del tutto inutile. La norma di riferimento è l’articolo 122-bis del Dl 34/2020, che contiene un elenco dei profili di rischio che possono portare allo scarto molto generico e vario (coerenza e regolarità dei dati indicati nelle comunicazioni; dati afferenti ai crediti oggetto di cessione e ai soggetti che intervengono nelle operazioni; analoghe cessioni effettuate in precedenza dai soggetti indicati nelle comunicazioni). Un elenco praticamente impossibile da gestire per l’intermediario, anche perché riferito a informazioni già in possesso dell’Anagrafe tributaria o, comunque, dell’amministrazione finanziaria (ma non disponibili all’intermediario stesso).
La chance dell’impugnativa
Si può probabilmente tentare la via del contenzioso, considerando la “comunicazione di scarto” quale atto impugnabile, anche se non esplicitamente citata dall’articolo 19 del Dlgs 546/1992. La considerazione – prevalente in giurisprudenza – che possono essere oggetto di impugnazione «tutti gli atti amministrativi aventi natura provvedimentale, capaci di incidere autoritativamente sulle situazioni giuridiche soggettive dei contribuenti» (Cassazione 21254/2023) sembra accolta anche in quest’ambito (si veda, ad esempio, la Cgt primo grado Trieste 81/01/2023): ma è difficile individuare quale potrebbe essere l’esito concreto di un’impugnativa. Le norme di legge ricollegano allo scarto l’inefficacia della cessione o della comunicazione di sconto alle Entrate, e in presenza di crediti con vincoli temporali all’utilizzo, come quelli dei bonus edilizi, l’eventuale vittoria del contribuente potrebbe risultare priva di effetti concreti. L’obbligo alla motivazione di ogni provvedimento amministrativo dovrebbe riguardare anche queste situazioni, se non altro perché la situazione che ha portato alla sospensione (e poi allo scarto) potrebbe essere frutto di un errore che l’intermediario potrebbe concorrere a individuare e risolvere. Ci si augura che tutti gli altri “presidi antifrode” introdotti dal Dl 39/2024 e da altri provvedimenti sotto forma di comunicazioni di vario genere (in particolare per i crediti d’imposta 4.0 e 5.0) diano origine, in caso di problematiche, a un’interlocuzione fattiva tra Fisco e contribuenti.
(Fonte: ilsole24ore.com)